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Materie plastiche

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Termoformatura Plastica

Le materie plastiche sono oggi fondamentali per l’industria e sono alla base della produzione di buona parte degli oggetti che utilizziamo quotidianamente.

Si tratta di composti sintetici che a partire degli anni Trenta hanno conosciuto un enorme sviluppo tecnico, seguito da una altrettanto importante diffusione dovuta in primo luogo alla versatilità dei materiali polimerici. Le materie plastiche possono infatti essere così varie, per proprietà fisiche ed estetiche, da riuscire a coprire le più diverse necessità della produzione industriale, compresa quella in termoformatura.

Le materie plastiche possono essere divise in due categorie: termoindurenti e termoplastiche.

Le prime si presentano in genere come polvere o granuli che, sottoposti a pressione ed aumento della temperatura, fondono assumendo la forma dello stampo. La principale caratteristica dei termoindurenti è che una volta concluso il processo di termoformatura il materiale risultante non può più essere fuso né riutilizzato, risultando piuttosto rigido e fragile, mancando totalmente di flessibilità.

Uno materiali termoindurenti più noti – seppur abbandonato in produzione industriale – è la bachelite, tra le prime materie plastiche impiegate dall’uomo.

Risale agli anni Cinquanta l’introduzione delle cosiddette materie termoplastiche, che presentano sin da subito una maggiore diversificazione e diffusione. Il loro principale merito è quello di avere infinità di proprietà meccaniche ed estetiche e di essere riutilizzabili, anche se in genere alcune qualità vengono indebolite nel processo di riutilizzo.

Come le materie termoindurenti, anche le termoplastiche si presentano come polvere o granuli; il materiale, una volta fuso, prende forma in stampi, estrusori o laminatoi dando al prodotto caratteristiche di rigidità, resistenza meccanica o alla frizione, elasticità, resistenza alla temperatura o ai prodotti chimici che possono soddisfare ogni tipo di necessità tecnica.

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Tipi di materiali e di lavorazione

Entrando nel dettaglio, parliamo ora delle termoplastiche, le uniche utilizzate per la produzione industriale tramite stampaggio in termoformatura o a iniezione. I tipi più comunemente a contatto con gli utilizzatori finali sono l’ABS, il Polietilene e il Polipropilene. Di essi sono costituiti la maggior parte degli oggetti che usiamo quotidianamente: elettrodomestici, apparecchi elettronici, accessori per la casa e per l’uso personale, tanto quanto automobili ed elementi di arredo urbano.

Altre sigle meno conosciute nascondono materiali plastici di enorme diffusione, largamente utilizzati per le specifiche proprietà che li caratterizzano; tra questi il Policarbonato, materiale che grazie a trasparenza e resistenza agli urti e ai raggi UV viene usato di frequente per coperture ed elementi di edilizia. Altri materiali sono apprezzati per la resistenza a frizione e usura, come il Delrin e il più noto Teflon, molto utilizzato per attrezzature alimentari o farmaceutiche per il suo ottimo comportamento di fronte a prodotti chimici e corrosivi.

Tutte queste materie plastiche possono essere lavorate e trattate con diverse tecnologie, che prevedono l’intervento della pressione e della temperatura. La laminazione, per esempio, permette di ottenere lastre di diverso spessore e lunghezze, mentre l’estrusione permette di ottenere diverse forme.

Forse la più diffusa tecnologia di produzione, specialmente per grandi serie di pezzi complessi, è l’iniezione di termoplastici. In questa lavorazione si utilizza una pressa a due stadi: nel primo il materiale viene fuso in una camera in cui contemporaneamente una coclea lo spinge ad altissima pressione verso il secondo stadio, che è lo stampo vero e proprio. Qui il pezzo prende forma. Per dare un’idea delle pressioni in gioco, queste presse hanno una forza di chiusura dello stampo che aumenta con la dimensione del pezzo da stampare e che può essere di pochi migliaia di chili o di più di cinquecento tonnellate.

Questa tecnologia di produzione si avvale di macchine ad alto livello di automazione, che richiedono un minimo intervento dell’operatore, riescono perciò ad avere cicli di stampaggio molto rapidi.

Lo stampaggio a iniezione è dunque adatto a grandi produzioni di serie e alla lavorazione di pezzi complessi che non necessitino di alcuna lavorazione supplementare dopo lo stampaggio ma con costi di attrezzatura molto elevati.

Le materie plastiche nella termoformatura

Abbiamo accennato prima alla formazione delle lastre come ad una delle tecniche di lavorazione delle materie plastiche: in una buona parte dei casi, questa risulta essere una lavorazione primaria poiché le lastre sono destinate a subire una seconda lavorazione con altre tecniche quali la sagomatura, la piegatura o la termoformatura.

Come si può intuire sin dal nome, la termoformatura non è altro che la “deformazione” o meglio ancora la “formazione”, tramite la temperatura, di qualcosa. Se scaldiamo una lastra ad una temperatura inferiore a quella di fusione, ma sufficiente a renderla plastica e con ciò deformabile, possiamo intervenire e modificare la sua forma piatta in forme a tre dimensioni. Si può sperimentare facendo adagiare una lastra molle su un oggetto: si riuscirà, almeno in parte, a riprodurne la forma.

Per superare il problema della mancanza di dettaglio si ricorre al vuoto, che attraverso l’estrazione di aria dalla camera vacuum, costringe la lastra in stato plastico ad aderire perfettamente allo stampo riproducendone la forma.

Questa descrizione è senz’altro molto semplificata ma può dare un’idea del processo che avviene nelle macchine per termoformatura a vuoto. Il prodotto risultante di questo processo è una lastra con delle forme in rilievo che riproducono lo stampo, e che devono essere – manualmente o con l’intervento di robot – separate dalla parte piana della lastra.

Questa tecnologia è indicata per piccole e medie produzioni di pezzi composti di “una pelle” (ossia lo spessore della lastra originale) che è stata deformata intorno allo stampo, quindi in questi prodotti non è possibile ottenere, per esempio, nervature strutturali o paratie interne direttamente nella fase di stampaggio, ma se necessari possono essere realizzati separatamente per poi essere assemblati nella stampata principale (tramite incollaggio e saldatura ad ultrasuoni). In compenso risulta una pratica molto interessante, anche perché le attrezzature per questo tipo di stampaggio sono notevolmente più economiche di quelle necessarie per quello a iniezione.